Libereria
A MIA FIGLIA CHE DORME di Luca Oggero
Mi sgocciolava una stella sulla spalla,
prima,
mentre mettevo benzina all’automatico
mentre cercavo di fare il simpatico
con te
facendo facce sceme al finestrino.
Anche sull’auto e a terra
c’erano spiattellate stelle morte.
E tu non le vedevi ma io sì
schiantarsi al suolo come fa un budino
e no, non te l’ho detto ma è così.
Poi siamo ripartiti
e tu ridevi forte
e ti chiedevi perché mai il destino
ti avesse dato in sorte
un padre che ha maniere a volte
più sciocche di quelle di un bambino.
Si sgretola e si piega su se stesso
senza neppure chiederci il permesso
ottuso e prepotente l’Universo.
Ma questo non ti deve spaventare.
Sono soltanto presupposti miei,
nulla di cui ti debba preoccupare.
E neanche io,
perché non sono solo,
ho te,
bambina mia che bimba più non sei
e ascolto il tuo respiro diramare
dalla tua stanza muta e confortevole
e appiccicarsi ai muri della mia
dove io sono ancora sveglio a scrivere.
E quanto è dolce sentire uscir le favole
dai sogni freschi del tuo sonno innocente
che mischio piano alla mia insonnia colpevole
in un bicchiere di luna e di cristallo
con un cucchiaio di veglia e di corallo.
Ho te
e non soltanto
questo mezzo talento saltimbanco,
un terzo occhio miope
e un’altra notte da passare in bianco
a zigzagare tra un pensiero e l’altro
a rivangare in un passato lurido.
Per questo forse adesso dormirò:
perché io ho te
e non solo il mio ego da cretino,
questa esistenza che m’han dato a credito
con tassi d’interesse da strozzino,
parole che si inseguono su un foglio,
antiche colpe che non mi abbandonano
ma a illuminarmi il cammino
io so che ho te,
il lume caldo e fioco
dell’infinito bene che ti voglio
e tu lo sai,
lo sai che non è poco.
E piano piano cado addormentato
le stelle che si spappan sul selciato,
il cosmo che si piega e che s’inclina,
dormi tesoro, che è quasi mattina.