Libereria
DIMMELO COL CAVOLFIORE di Lorena Giardino
Come sempre era in ritardo: Alessandro guidava nervosamente, imbottigliato nel traffico mattutino di Torino: e come sempre succedeva, quando era alla guida della sua Lamborghini usciva fuori il suo lato peggiore. Procedeva a scatti, inveendo contro chiunque malauguratamente avesse la sventura di trovarsi sulla sua traiettoria.
Ancora una volta gli sarebbe toccato sorbirsi la ramanzina di Alberto, il suo fratello maggiore; nonostante avesse solo due anni più di lui Alberto era completamente diverso: sempre serio, impeccabile nei suoi completi rigati, un manager di successo, sposato e padre di due bambini, laureato con lode in economia e commercio e che, ormai da quattro anni gestiva in maniera attenta e scrupolosa l’impresa di famiglia, dopo che il padre Alfredo De Petris, importante capitano di industria, aveva deciso di andare in pensione, nominando direttore il figlio maggiore.
Alessandro d’altra parte non aveva avuto niente da ridire: a lui non interessavano gli affari, voleva godersi la vita, ed era esattamente quello che stava continuando a fare. A 28 anni Alessandro continuava a dedicarsi a quello che era sempre stato il suo passatempo: sperperare denaro e divertirsi.
Ed era questo, ma non solo, uno dei motivi di maggiore attrito tra i due fratelli: mentre Alessandro continuava a spendere denaro che non guadagnava senza preoccuparsi minimamente di nulla, Alberto lavorava alacremente per incrementare i fatturati dell’azienda paterna, che grazie al lavoro attento e scrupoloso del ragazzo, aveva in pochi anni ottenuto un successo senza precedenti.
“Ed ora”, pensava Alessandro mentre guidava nervosamente nel traffico, “dovrò sorbirmi un’altra filippica di quel noiosone”. Che poi al pranzo di famiglia Alessandro non aveva neppure voglia di andarci, non dopo la nottata precedente, a proposito, come si chiamava la squinzia? Non se lo ricordava più.
Comunque alla fine si era svegliato tardi e con un gran mal di testa, e con la voglia di girarsi dall’altra parte e rimettersi a dormire, ma non aveva potuto farlo perché quello sfigato di suo fratello gli aveva intimato di non mancare, che altrimenti gli avrebbe tagliato i viveri.
Ed era questo il motivo per cui Alessandro, invece che essere a casa sua a dormire, era imbottigliato nel traffico.
Via Pietro Micca, non mancava molto; mentre era immerso nei suoi pensieri, Alessandro arrivò all’altezza di piazza Arbarello proprio mentre il semaforo diventava rosso; “ce la faccio, dai”, e mise il piede sull’acceleratore senza accorgersi della Fiat Panda rossa che proprio in quel momento stava attraversando. Stridore di freni e poi un botto.
La panda aveva sterzato bruscamente per evitarlo, ed era andata a schiantarsi contro lo spartitraffico.
Alessandro scese dall’auto: ma non ebbe il tempo di aprire bocca, perché non appena ebbe messo il piede fuori fu investito da una pioggia di ortaggi e di insulti vari.
Cercando di ripararsi da quella inconsueta pioggia, Alessandro provò a mettere a fuoco la situazione. Ed ecco davanti a lui la dispensatrice di ortaggi volanti, una giovane tutta tatuata e piena di piercing e dai capelli rosso fuoco. La ragazza continuava a lanciargli dietro ortaggi, pescandoli dal bagagliaio della sua panda accartocciata. E mentre lo faceva urlava come una forsennata.
“Deficiente, idiota, ma come cazzo guidi???”
Poi ad un tratto la ragazza scoppiò in lacrime. Alessandro si avvicinò cautamente.
“Ed ora come faccio?”. La ragazza era adesso seduta sul marciapiede in preda ad una vera e propria crisi isterica.
“Stavo portando la spesa alla mensa dei poveri. Ed ora come faccio? Cosa mangeranno?”
Chiamarono i vigili e il carro attrezzi per sbrigare le formalità e spostare il veicolo dalla carreggiata.
Finito che ebbero di sbrigare le formalità Alessandro risalì a bordo del veicolo: ma la ragazza gli si era piazzata davanti. Le mani sui fianchi, i capelli scarmigliati, e gli occhi gonfi di pianto, se ne stava lì, davanti alla sua auto.
“Dove cazzo credi di andare? Tu adesso mi accompagni!!”
Sospirando Alessandro scese dalla macchina, ed iniziò a raccattare gli ortaggi dalla strada.
Quando ripartirono nella Lamborghini non c’era più spazio: quintali di zucchine, carote, porri e patate, ed un certo numero di pacchi di pasta riempivano ogni spazio. Ma la cosa peggiore era il pesce: immediatamente l’odore impregnò l’abitacolo.
E mentre Alessandro si immetteva nel traffico, la ragazza, che seppe poi chiamarsi Carlotta, iniziò a dargli le indicazioni.
Il tempo scorreva veloce, e ad un certo punto i due iniziarono a chiacchierare.
Carlotta aveva 26 anni e studiava al Dams. Ma soprattutto la ragazza era impegnata, molto impegnata, a livello sociale: volontaria presso diversi enti benefici, Carlotta spendeva la sua esistenza per aiutare gli altri.
E mentre la sentiva parlare della sua vita piena, Alessandro iniziò a riflettere sul fatto che quando sarebbe venuto il suo turno in realtà non avrebbe avuto granchè da raccontare.
Ma non ce ne fu il tempo: erano arrivati a destinazione. Alessandro scese dall’auto e insieme iniziarono a scaricare. E mentre lo facevano avevano iniziato a scherzare. Carlotta aveva una risata cristallina e uno sguardo limpido. Guardandola sistemare le vettovaglie nei grandi frigoriferi Alessandro impulsivamente decise che non gli sarebbe dispiaciuto fermarsi un po’.
“Non è che volete una mano oggi? Io non ho grandi impegni e mi fermerei volentieri”.
“Ma certo!”.
Carlotta lo presentò agli altri volontari: tutte persone dall’aspetto cordiale e sorridenti, che lo accolsero con calore.
Non ebbero molto tempo di parlare: il lavoro alla mensa era estenuante, ma c’era un bel clima di cameratismo e collaborazione.
E quando la gente iniziò ad arrivare e a mettersi in coda, Carlotta mentre servivano i pasti, iniziò a raccontare le storie dei personaggi che man mano scorrevano nella fila.
Storie di povertà e solitudine.
Ed alla fine della giornata, Alessandro era stanco, ma dentro di sé provava qualcosa che non sapeva definire. Un senso di pienezza e di appagamento che non aveva mai provato.
E poi c’era Carlotta: non era bella, piccola, minuta e lentigginosa, e con un rosso cespuglio indomabile al posto dei capelli. Non certo il tipo di donna che Alessandro avrebbe notato.
Eppure..
D’impulso Alessandro le propose di accompagnarla a casa e lei accettò.
E fu solo quando arrivarono sotto casa della ragazza che Alessandro si rese conto di non avere nessuna voglia di separarsi da lei.
Carlotta lo salutò con un delicato bacio sulla guancia.
Nelle settimane successive Alessandro riprese la sua solita vita.
Uscite serali, alcol e donne.. ma stranamente non riusciva a divertirsi. Continuava a pensare a quella strana ragazza, ma soprattutto alla giornata passata alla mensa, alle emozioni che aveva provato.
Decise di mandarle dei fiori. Non un mazzo normale: un enorme mazzo di rose rosse.
Aspettava con trepidazione di sapere se le fossero piaciuti.
Il fioraio lo chiamò dicendogli che la ragazza aveva rifiutato i fiori.
Allora Alessandro decise di sorprenderla: andò in una gioielleria, e acquistato un bellissimo braccialetto, chiese al gioielliere di farlo recapitare alla ragazza.
Anche in questo caso tuttavia Carlotta rifiutò il dono.
Doveva farsene una ragione: Carlotta non aveva nessun interesse per un buono a nulla come lui.
Eppure. Non aveva sognato quando nel salutarsi lei gli aveva sfiorato delicatamente la guancia, e prima di scendere dall’auto lo aveva guardato dritto negli occhi.
Ed ora che l’aveva trovata Alessandro non voleva lasciarsela sfuggire. Solo con lei sentiva di poter trovare la forza di diventare una persona migliore.
Ad un tratto gli venne un’idea.
Si vestì in fretta, e correndo uscì di casa.
Per un attimo guardò la Lamborghini, poi decise che quel giorno avrebbe preso l’autobus e fatto due passi.
Ci volle un po’ per arrivare. Ma ecco davanti a lui la mensa dei poveri.
I volontari stavano scaricando ortaggi da un’auto parcheggiata davanti al portone.
Alessandro si avvicinò e i quelli lo salutarono con un cenno ed un sorriso.
Alessandro afferrò un cavolfiore.
Con passo deciso entrò nell’edificio.
La vide subito, e le si avvicinò. Con dolcezza le porse il cavolfiore.
E finalmente Carlotta lo abbracciò.