Libereria
279 di Alessandro Mazzà
Sono già morto
e non nascerò
sono appena nato
mi lascio
e tornerò
sono il trascorrere in un punto
e non sono quel punto
sono l’inutile contare
dormo da duecentomila anni
e dormo tra duecentomila anni
in mezzo un rapporto poetico
intraducibile
col tempo percepito
più sordo del sangue o
di un richiamo
somiglia più al nero che a una nota
ci spendo
una cecità
mi accoglie ogni giorno
un me stesso fatto domanda
a questo fabbrico e faccio spazio
e non è mio e non esiste giorno
dissemino e abbandono nomi
è un gioco che qui viene chiamato
memoria
la mia voce incendio
sogna sbagliata che mi sollevo e confido
nell'invenzione di lingue
invece non so da dove vengo
invece canto
inventato dalla canzone
è come confessare
che riposo dicendo tanti io
e sono una potente stirpe
che da silenzio va a silenzio
a ogni passo
la danza che sotto non si vede
è qui a ricordare
che ogni parola di più
è vera responsabilità
i luoghi li sposta li sporca
vivere mi appare
questo stratagemma
di non mentirsi
questo sarto con la mia faccia
che cuce da dentro
ma grazie all'attesa che fingo
io vedo finalmente
con l’occhio di chi inizia
e sono quest'albero testimone
dei miracoli che partono oggi
ma reso immemore
alzato e disperso
sui miei piedi
se mi svegli ti racconto la storia intera