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PIÙ PROSA CHE POESIA di Marco Domenico Grastolla

Controllavo le tasche. Un numero di centesimi alto da farti incazzare; tanti e comunque inutili.

La mente bloccata dal denaro, o meglio dalla sua mancanza. Qual pensiero poetico può nascere dal cervello di un poveraccio?

E quindi andai a caccia del grano, che senza soldi il problema diventa anche morale. Perché mangiare non basta, devi anche saziare il giudizio del buon vicinato.

Tranquillità economica con fatica e buon pensiero di paese; tranquillità economica con fatica è buon pensiero di paese; Da qui può cominciare la poesia.

Ora lavoro e produco cose, per altri. Ho qualcosa in cambio, ma dono il tempo. Tempo ed energie al direttore! Potesse almeno scrivere lui avrei la buona coscienza di sacrificarmi per un poeta, macché.

E quindi eccomi qui, alle 2:15 del mattino, o della notte, che vuoi che importi.

Qui stanco a scrivere questi versi sgangherati, riflesso di una mente sgualcita e un corpo stanco.

Scrivere su un telefono con una sterile luce bianca e fastidiosa puntata negli occhi; vedere i caratteri neri comparire al tocco unto dei miei pollici sullo schermo... Che cosa patetica.

Niente rime, più prosa che poesia.

Qualcuno forse vedrà in questo tormento un'arte decadente, affascinante come affascina la morte.

Ma fratelli cari, la poesia non è qui, non prendiamoci in giro. La poesia l'avete voi nello sguardo e io, fossi in voi, comincerei ad avere paura, comincerei a trovare lavoro.

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