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SILENZIO E PILLOLE di Lorena Giardino

Alanis si svegliò di buon mattino; aveva davanti una giornata molto intensa. Si tirò su in fretta, fece colazione, indossò tuta e guanti, e come tutte le mattine aprì il collegamento. Aveva fatto di nuovo quel sogno, stavolta nitido e potente. Ed ogni volta che lo faceva al risveglio si sentiva strana... come se qualcosa mancasse. Come se tutto fosse sbagliato. Una sottile lama di luce filtrava dalla finestra, disegnando piccoli arabeschi sul lucido ripiano del tavolo. Il silenzio era intorno a lei, come una patina sottile che permeava ogni cosa. Il silenzio era dentro di lei. Alanis era un chirurgo, ed era molto brava nel suo lavoro, la migliore. Quella mattina erano in programma diverse visite, ed alle undici aveva un intervento molto delicato. Concentrata e solerte Alanis si occupava dei suoi pazienti, spiegando loro con voce chiara e linguaggio semplice e comprensibile concetti difficili e tecnicismi, rendendoli comprensibili e alla portata di qualunque interlocutore. Le ore passavano veloci, alle undici puntuale Alanis si ritrovò con l’équipe medica che l’avrebbe supportata nel delicato intervento che doveva compiere. Ed ecco che l’intervento ebbe inizio: fortunatamente l’équipe era molto affiatata. Le sue mani si muovevano veloci e precise, il volto concentrato, il ronzio dei computer l’unico suono a rompere il silenzio. Era ormai l’una quando terminarono. Tutto bene, fortunatamente. Alanis si sfilò i guanti e li appoggiò sul ripiano. Con le dita affusolate si massaggiò le tempie. Il silenzio era intorno a lei, dentro di lei. Il silenzio gridava, il silenzio le graffiava l’anima. Ora di pranzo. Uno spuntino veloce, aveva poco tempo e tante cose da fare. Pillola gialla o pillola verde? Mise su un po’ di musica, perché non sopportava più quel silenzio. Quel silenzio ostile che permeava ogni cosa. ​

Quel silenzio che affondava le sue lame nella trama dell’ esistenza. Giorni, mesi, anni. Lo scorrere del tempo, sempre uguale. La solitudine aggrappata alle sue viscere come un cancro. Meglio non pensare, meglio non essere. Pillola rossa o pillola bianca? La giornata continuava a scorrere via. Appuntamenti, incontri, discorsi... che differenza poteva mai fare? Eppure... Eppure, pensava a volte Alanis, deve esserci stato un tempo in cui la vita, il mondo, ogni cosa era differente. Un tempo in cui potevi uscire all’aria aperta per le strade, sentire il sole sulla pelle. Incontrare, davvero, altre persone, poterle toccare, sentirne l’odore, senza limitazioni, senza mediazioni. Pensieri pericolosi. Pensieri proibiti. Pillola rosa o pillola oro? Rosa. Prima che quella piccola spia blu inizi a lampeggiare. Prima che la Sanit security prema quel dannato pulsante e la scolleghi dal mondo. Cena con Damien (suo figlio, le dicono)... Nato da una provetta, cresciuto in una teca. Come tutti, da sempre... o no? Quel figlio mai toccato. Non realmente, almeno. Non senza la mediazione di quel dannato guanto. Alanis prese la sua pillola. Quella rosa, sì... Quella rosa.

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