Libereria
STORIE D’ORDINARIA FOLLIA - AL CINEMA di Sebastiano Privitera
Io raramente vado al cinema. Di solito scarico i film da E-Mule o da YouTube, quelli che m'attirano di più. Preferisco il genere commedia ma non disdegno quello sociale, quello fantastico e, persino, quello d’animazione. In breve, gli unici generi che preferisco evitare sono quelli altamente drammatici, dove la violenza traspare a ogni fotogramma, e quelli horror. Ogni tanto, però, mi vien voglia d’andare a vedere un film al Cinema, quando esce uno di quei film che non riesco ad attendere due, tre mesi prima di poterlo scaricare oppure perché ho il piacere d’apprezzarlo di più sul grande schermo, dove la qualità dell’immagine e quella del suono surclassano il più sofisticato degli apparecchi televisivi.
Quel giorno era in programmazione il film appena uscito di Ficarra e Picone, due attori che apprezzo soprattutto perché non hanno bisogno di volgarità a buon mercato per esprimere la loro comicità e sanno trattare con la necessaria leggerezza anche temi importanti della nostra Società.
La sala 5 del multisala in cui lo stavano proiettando era praticamente vuota, dato che c’ero andato di giovedì proprio per evitare le folle del sabato e della domenica. Per cui avevo potuto scegliere un posto centrale di una delle file centrali. Come dire, una delle migliori posizioni possibili e senza avere nessuno davanti in nessuna delle file sottostanti. Almeno fino a quando non arrivò lei, proprio mentre già stavano scorrendo i titoli di testa sulle prime immagini.
Ovviamente, la sala era già al buio per cui giudicai casuale il fatto che, nonostante ci fossero intere file di poltrone vuote, mi si mettesse a sedere proprio davanti. Per giunta doveva essere molto più alta di me poiché mi copriva interamente la visuale.
Molto garbatamente le bisbigliai che le stavo seduto dietro e la pregai di cambiare posto. Ma con molta probabilità si trattava di una di quelle che pretendono di essere trattate alla pari quando devono avere e, quando devono dare, di possedere, invece, il diritto di prelazione e precedenza a prescindere.
“Questo è il mio solito posto...”, mi rispose stizzita e senza neanche voltarsi, “...e non intendo cambiarlo solo per fare un favore a lei.”
Rimasi di stucco, per l’inaspettata risposta, e sul momento non seppi reagire.
Intanto il film andava avanti, non capivo neanche i dialoghi a causa dell’improvviso turbamento, ma non avevo voglia di cambiar posto dopo che me l’ero scelto con tanta cura e solo per assecondare l’acida donzella. Così, appena mi ripresi, tornai alla carica:
“Scusi, io sono arrivato molto prima di lei e non vedo perché dovrei essere proprio io a spostarmi”.
“Lei è un villano...”, mi rispose secca, rivoltandosi inviperita, “se non la smette d’infastidirmi, chiamo soccorsi e le faccio passare un brutto quarto d’ora”.
Beh! Penso che per ogni essere umano esista un massimo della sopportazione e quella stupida perticona era stata capace di farmi raggiungere il mio in brevissimo tempo.
Con scatto fulmineo incrociai gli estremi della sciarpa che aveva al collo e strinsi finché la testa le crollò sul petto. Poi la lasciai andare, il peso del corpo la portò a sbattere sulla spalliera della poltrona successiva e, finalmente, ebbi la visuale completamente libera.