Libereria
TRE PIATTI E UN SUPER TELE di Gianluca Sonnessa
Briciole, non posso lasciarti nient'altro.
Ho troppa fame.
La penna che abbraccio con due dita è cenere sdraiata sulla porcellana.
Le ringhiere tagliano l'orizzonte, l'orizzonte è un cortile quaranta metri più in là.
Il Super Tele sfida il sole, un piede vecchio dieci anni lo calcia in alto.
Per un attimo è l'eclissi, poi il pallone ricade, rimbalza, ma lo stesso piede di dieci anni e qualche secondo ci riprova.
La porta aperta, i suoi capelli neri e lunghi, il suono della minestra di patate cipolle e carote cade nel piatto.
Dopo torno, ma ora devo andare.
Dall'altra parte del mondo la parte di mondo che non conosco sta gonfiando accumulatori.
I capelli corti e neri, tuta blu, minestra di patate carote e cipolle per pranzo.
Il baracchino nello scaldavivande brontola, il suo stomaco pure, la sirena non ha suonato, non può ancora mangiare.
Buona la minestra.
Devo andare a controllare, chissà, il Super Tele potrebbe vincere di nuovo.
Mi guarda mentre lava i piatti e dice che devo lavare le mani e la bocca, è ora di riposare.
Non voglio adesso, dopo, non sono stanco.
Va a lavarsi le mani, il grasso scende nel lavandino, può mangiare, la sirena ha suonato.
Vorrebbe riposare.
Adesso no, forse dopo.
Sogno il Super Tele.
Lava i piatti, precarica le sacche da venticinque litri, spolvera la credenza, prepara il bancale, è stanca, è stanco.
Io sogno il sole le ringhiere e il Super Tele.
Briciole, non posso lasciarti nient'altro.
Ho troppa fame.
Vorrei raccontarti tutto, davvero, ma ho fame.
Una fame vecchia come i bambini che non smettono di ricordare.
E vorrei finire di raccontartelo questo ricordo, davvero.
Ma voglio ti resti la fame.